Gli scioperi del ‘43

22 dicembre 2021

Nel dicembre del ‘43 la prima ondata di scioperi biellesi a cui seguì la seconda del marzo ‘44 diedero quella che fu, sicuramente, l’impronta sociale della lotta partigiana e della Resistenza del Biellese, una terra generosa che, prima ancora di sconfiggere il nazifascismo in campo militare, riuscì ad isolarlo sul terreno sociale.

Con la parola d'ordine “pace e pane”, il mattino del 29 marzo 1943, all’inizio del turno, dei volantini che invitano allo sciopero vengono lasciati negli armadietti degli operai della fabbrica tessile Picco di Vegliomosso.

L’azione di protesta pian piano si diffuse a macchia d’olio. Entrano in sciopero altre fabbriche: la filatura Cartotti, i lanifici Sella e Botto e tante altre. Intervennero pesantemente le milizie fasciste; molti vennero arrestati e condotti in carcere, in numero maggiore le donne. Ma lo sciopero non si fermò. Anzi si formò una catena con la raccolta di generi alimentari e di soldi da far giungere agli arrestati.  Dopo vent’anni di silenzio i lavoratori avevano ripreso la parola:un grande successo.

A dicembre la lotta riprese e proseguì per i primi mesi del 1944. Ad ogni dimostrazione farà seguito una ancor più grave risposta tedesco-fascista.

Però il risultato più evidente fu che si rinsaldarono ancor più i rapporti tra i lavoratori delle fabbriche e le formazioni partigiane; anche perché la gran parte dei combattenti in montagna proveniva dal duro lavoro dei telai. La situazione era giorno dopo giorno sempre più critica: le condizioni di vita estremamente difficili, il lavoro nelle aziende messo in pericolo dalla guerra.

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