La Camera del Lavoro

La sede della Camera del lavoro di Biella dal dicembre 1945 è in Via La Marmora 4, al centro della città, in uno stabile ottocentesco già Officina meccanica dei fratelli Squindo. Dal 1901 la Camera del lavoro di Biella “abita” il capoluogo e presidia il territorio con le sue sedi decentrate. All'origine di questa scelta, rimasta intatta fino ai giorni nostri, un modello di sindacato che ha nelle Camere del lavoro non solo le sedi fisiche della Cgil, ma i luoghi in cui il sindacato è soggetto di generale cambiamento ed emancipazione di uomini e donne, rappresentando gli interessi generali dei lavoratori e dei cittadini nel loro territorio.

La prima sede della Camera del lavoro di Biella è Casa Lometto, nella cosiddetta Cassia da mòrt,abbattuta negli anni ‘90 del secolo scorso, uno stabile di proprietà dei Lanifici Rivetti che si affacciava sull'attuale Via Cernaia. Inaugurata il 2 giugno 1901 da una enorme massa di popolo che si era riunita, alla presenza del Sindaco Corradino Sella, dell’on. Nofri e dei dirigenti sindacali nella capiente Palestra Ginnastica del Comune di Biella, in Via Orfanotrofio. La seconda sede della Camera del lavoro fu il frutto dell'enorme sforzo economico e organizzativo di una concentrazione di associazioni e rappresentanze operaie che portò, nel 1919, a costruire la Casa del Popolo di Biella, in Via Mazzini: l'attuale Cinema Mazzini.

L'avvento del fascismo coincise, non casualmente, con la crescita del potere contrattuale della Confederazione del lavoro, della sua rappresentanza politica, con l'occupazione delle fabbriche ispirate dall'avvento al potere dei Soviet. Così lo squadrismo fascista si manifestava bruciando e occupando sedi sindacali, perseguitando militanti e dirigenti sindacali e della sinistra anche con la violenza fisica, fino ad arrivare con il Patto di Palazzo Vidoni del 1925, che decretò lo scioglimento dei sindacati liberi, sia “rossi” (comunisti e socialisti) che “bianchi” (cattolici). Nel novembre 1922 le squadracce fasciste attuano il “colpo grosso” occupando la Casa del Popolo di Biella, cuore della Confederazione del lavoro, quando la stessa conta ancora 17mila iscritti. Poi inizia l'assalto sistematico alle sedi di lega: quella dei cappellai della Valle del Cervo, la lega tessile della Valsessera, la Casa del la popolo di Crocemosso, la Camera del lavoro di Cossato. Si chiusero addirittura le vinicole che avevano nomea antifascista, a significare l'intento di fare terra bruciata di tutto ciò che appariva autonomo dall'insorgente dittatura fascista.

In effetti con la soppressione della Camera del lavoro si avviava un processo destinato a sopprimere l'esercizio sindacale e politico dell'autonomia operaia e a cambiare in profondità la fisionomia culturale e le dinamiche sociali del biellese. Con la fine della guerra, la caduta del fascismo, il riscatto politico esercitato dalla lotta partigiana e l'avvento della democrazia, la Camera del lavoro, dopo essersi insediata per alcuni mesi nei locali dell'ex Confederazione fascista del lavoro, in Via Repubblica, ritrova la sua casa in via Lamarmora al numero civico 4,nei locali davanti alla stazione ferroviaria che avevano ospitato le officine Squindo passate poi alla Piaggio poco prima della fine della guerra. La nuova sede faceva parte del patrimonio immobiliare restituito al sindacati democratici a riparazione delle tante strutture sottratte e distrutte dal regime fascista, come avvenne per la stessa Camera del lavoro di Cossato. Dal dopoguerra ai giorni nostri, una rete diffusa di immobili grandi e piccoli, in affitto o in proprietà, ha ricostruito e riorganizzato il decentramento della Cgil sul territorio.

Per chi nel territorio ci abita, queste sedi, a prescindere dalle loro dimensioni e funzioni, si identificano con il nome di Camera del lavoro come sono sempre state chiamate nei 120 anni di storia della Cgil.

Che cos'è e che cosa fa

La Camera del Lavoro è l'organizzazione territoriale della CGIL, comprende le diverse Federazioni sindacali di categoria, insieme ad una serie di servizi per i lavoratori: l’Ufficio vertenze legali, il Patronato Inca, il CAAF, l’Ufficio immigrati. La sede ospita inoltre, sovente, associazioni quali Auser, Federconsumatori e Sunia. I compiti delle Camere del Lavoro sono regolati dall'articolo 10 dello statuto della CGIL.

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Cos-e mosaico - La camera del lavoro - CGIL - 4
Articolo 10 – Camere del lavoro territoriali o metropolitane

La Camera del Lavoro, territoriale o metropolitana, comprende le organizzazioni sindacali della CGIL esistenti nell’ambito del territorio sindacale. Gli ambiti territoriali delle Camere del Lavoro metropolitane sono quelli definiti dalla legislazione.
La Camera del Lavoro, territoriale o metropolitana:
a) dirige e coordina l’azione sindacale del territorio;
b) promuove e gestisce le vertenzialità territoriali su temi di interesse generale;
c) favorisce una sempre più elevata capacità autonoma dei sindacati ad assolvere i propri specifici compiti;
d) promuove e tiene viva una qualificata iniziativa dell’organizzazione sindacale nel suo complesso, con particolare riguardo ai problemi generali dello sviluppo economico e del miglioramento delle condizioni di vita della popolazione lavoratrice;
e) promuove forme di organizzazione dei non occupati e le strutture di rappresentanza decise dal Comitato Direttivo della CGIL; f) è responsabile degli indirizzi, dell’organizzazione e del controllo del Sistema delle tutele individuali nel territorio;

Per seguire l'attività della Camera del lavoro, dei sindacati di categoria e dei servizi vai su: www.cgilbi.it

120 anni di storia

“In quasi tutto il nostro paese ogni volta che un lavoratore subisce un affronto, una ingiustizia, un atto di prepotenza da parte di autorità o dei padroni, va alla Camera del Lavoro: essa è vista come l’espressione della giustizia per il popolo” - Giuseppe Di Vittorio
Centovent’anni sono un numero di tutto rispetto, da ogni punto di vista.
Come ha fatto la Camera del lavoro a reggere agli urti di eventi di portata globale?
Con quali strumenti teorici e pragmatici ha affrontato le congiunture critiche?
Con quali patrimonio valoriale?
Con quali risorse umane?

120anni - La camera del lavoro - CGIL .j

Sul piano del tempo storico, possono ‘dire’ tanto o poco se non si osservano bene gli eventi memorabili che hanno contrassegnato questo arco temporale: due conflitti mondiali, venti anni di dittatura fascista, il crollo della monarchia e l’avvento della repubblica, anni di ricostruzione nel clima della guerra fredda e della minaccia atomica, la transizione dell’Italia da paese agricolo a potenza industriale ai primi posti in Europa, un ‘miracolo economico’, la crisi petrolifera e la fine di un modello di sviluppo senza limiti, la rivolta studentesca del Sessantotto e, subito dopo, l’autunno ‘caldo’ del ‘69 e l’avvio della grande stagione delle lotte sindacali, gli anni insanguinati delle stragi e del terrorismo politico, la fine del Novecento ‘secolo breve’ sotto il crollo del muro di Berlino e del regime sovietico, l’inizio della globalizzazione e della rivoluzione informatica con la riorganizzazione del modello di produzione capitalistico, l’inizio del nuovo millennio nel fragore dell’attentato alle Torri gemelle, e ancora guerre politico religiose che contrappongono i paesi a guida islamica all’Occidente capitalista e imperialista, il travagliato consolidarsi dell’Unione Europea e la Brexit, sino a una pandemia mondiale che ha già mietuto milioni di vittime, messo in ginocchio economie, modelli di vita e di relazione a livello globale, individuale e interpersonale, imponendo una revisione radicale del modello di sviluppo, delle politiche di welfare e del rapporto tra economia e ambiente. Un elenco lungo, per quanto parziale e lacunoso, necessario a collocare le vicende ultracentenarie di un soggetto sociale e pertanto non marginale qual è la Camera del lavoro nella temperie di eventi epocali. Le ragioni concrete della longevità della Camera del Lavoro stanno, fin dalle origini, nei valori che hanno guidato il suo modo d'essere e di fare: solidarietà, democrazia, unità, internazionalismo.

Solidarietàin primis.
Solidarietà nella cultura della classe lavoratrice e del sindacato sta a significare ‘legame di ciascuno con tutti’, vicinanza sociale, comunanza di vita, comunione di interessi e di fini, assistenza e reciproco sostegno, tutti valori che nel corso dei decenni si sono cementati di fronte a catastrofi naturali e nelle lotte sociali più aspre (hanno lasciate tracce indelebili , solo per citarne alcune azioni concrete, le collette a sostegno dei lavoratori in sciopero, o quelle a favore dei terremotati o, ancora, la partecipazione degli operai per salvare le fabbriche dopo la catastrofica alluvione del novembre 1968 nella valle dello Strona)

Ecco racchiusa in una parola dalle molteplici eloquentissime accezioni, la base ideale su cui si è fondata la “ casa dei lavoratori”. E sulla solidarietà è cresciuta e ha costruito e ampliato la sua rete di relazioni locali, nazionali e internazionali con le organizzazioni del sindacato democratico.

Democrazia sindacale ha significato fin dagli albori e via via irrobustendosi nel corso dei decenni di significati e di pratiche riconducibili al principio dell’uguaglianza degli iscritti e della partecipazione attiva e diretta nella elaborazione delle linee di azione sociale del sindacato, nella formazione ed elezione dei gruppi dirigenti e nelle attività al servizio del comune interesse dei lavoratori.

La convinzione che per assicurare il successo delle rivendicazioni dei lavoratori fosse strategicamente indispensabile la coalizione delle diverse rappresentanze sindacali pur nel riconoscimento e rispetto delle differenze ideali, culturali e politiche è stato uno dei tratti caratterizzanti le politiche sociali della Camera del Lavoro.

L’internazionalismo, che ha i suoi presupposti nella difesa della pace, e nelle lotte contro le dittature, i nazionalismi e i populismi è un’altra delle stelle fisse del pensiero politico del sindacato.

Sin dalle prime elaborazioni l’internazionalismo rappresenta e descrive uno scenario nel quale i movimenti ideali e le organizzazioni degli interessi delle classi lavoratrici in Europa e in tutti i continenti hanno cercato il dialogo, e il confronto al fine di unire, al di là delle differenze nazionali, le forze per convergere su comuni e condivisi obiettivi di progresso civile e di sviluppo sostenibile.

Avendo alle spalle una storia lunga, nella quale ha saputo e potuto resistere a tutte le avversità, in virtù delle fondamenta profonde e ramificate nelle vallate e nelle comunità biellesi, La Camera del lavoro può con ragionevole fiducia e ottimismo guardare al futuro.

Il compito primario delle origini ossia quello di rappresentare interessi e diritti dei lavoratori continua ancora oggi.

Nel convincimento che non ci sarà progresso se manca il lavoro. E che nel lavoro c’è la dignità dell’individuo e il riconoscimento di una piena cittadinanza tutelata dalla Costituzione e dal diritto.

Donne e uomini alla guida della Camera del lavoro di Biella

“Bisogna fare la Camera del lavoro, altrimenti mi dimetto”: l'operaio ebanista biellese Rinaldo Rigola, deputato socialista, volle fortemente la Camera del Lavoro e fu uno degli artefici della sua costruzione. Primo operaio eletto in Parlamento nel 1901, diverrà poi il primo segretario nazionale della Confederazione Generale del Lavoro fondata nel 1906 a Milano. La totale cecità che lo colpì intorno ai trent'anni non gli impedì di esercitare pienamente funzioni sindacali e politiche di assoluto rilievo.

Donne e Uomini - La camera del lavoro - CGIL - 4

I segretari biellesi che dal 1901 si succedettero alla direzione generale della Camera del lavoro di Biella furono il tintore Massimo Foscale dalla fondazione della Confederazione, il panettiere Quirino Rosso di Sordevolo, il vercellese Arnolfo Lena dal 1910 al 1912, il tessitore della Valle di Mosso Ettore Strobino dal 1913 al 1915, il tessitore della Valle di Mosso Guglielmo Cravello nel 1915-1916, il panettiere di Valle San Nicolao Oreste Mombello nel 1916 e 1917 e dall'aprile 1919 fino alla soppressione decisa dal regime fascista nel 1925 con il Patto di Palazzo Vidoni tra la Confederazione generale dell'industria e la Confederazione delle corporazioni fasciste. L'onorevole Felice Quaglino sostituì tra il 1917 e il 1918 Oreste Mombello, richiamato sotto le armi.

I segretari della Camera del lavoro biellese dal secondo dopoguerra ad oggi

Questi gli uomini della prima Segreteria generale della Cgil unitaria:
Ercole Ozino, operaio, segretario del 1945 al 1946 della Cgil unitaria insieme a Mario Vietti, operaio tessile di Andorno e Franco Novaretti, impiegato (uscirà dopo il '48 per dare vita alla Uil) e Francesco Colombo, che nel 1947 si dimette per partecipare alla costruzione della Cisl.

Carlo Ravetto, operaio, subentra a Ozino nel 1946 e resterà come segretario generale unico fino al 1955.

Anello Poma (Italo), operaio e segretario generale dal 1955 al 1960.

Adriano Massazza Gal, operaio e segretario generale dall'aprile dal 1960 al 1983.

Renzo Giardino, operaio, segretario generale dal 1983 al 1991.

Pier Carlo Cantone, operaio, segretario generale dal 1991 al 1996.

Marisa Lucano, impiegata, dal 1996 al 2003. A Biella la prima donna segretaria generale di Camera del lavoro in Italia

Federico Trombini, perito meccanico, segretario generale dal 2003 al 2011.

Marvi Massazza Gal, operaia, segretaria generale dal 2011 al 2019.

Lorenzo Boffa Sandalina, autista ATAP, segretario generale dal 12 aprile 2019.

ABCedario

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