L’alluvione del ‘68

17 dicembre 2021

Nella notte tra il 2 e il 3 novembre del 1968 una alluvione di proporzioni mai viste devastò il nostro territorio, dopo giorni di piogge torrenziali. Danni rovinosi colpirono tutto il Biellese ma frane e allagamenti infersero le ferite più profonde al biellese orientale, lungo la dorsale di Quaregna, Cossato, risalendo lungo lo Strona verso Lessona, Valle Mosso, Triverese e Valsessera.

Quando fu possibile un primo bilancio si contarono 120 tra morti e dispersi. Tante le case danneggiate o distrutte, così come avvenne per fabbriche, attività artigiane e commerciali, con i collegamenti saltati per il crollo di ponti e l'interruzione di strade. Ben 75 fabbriche subirono gravi danni e un altro centinaio fu costretto a sospendere la produzione a tempo indeterminato. Le lavoratrici e i lavoratori messi in cassa integrazione erano tra i 12 e i 14 mila. Da quel momento la Camera del lavoro svolse un doppio ruolo: di raccordo con i Comuni per l'organizzazione dei soccorsi attraverso la distribuzione di medicinali, viveri, vestiti, e anche di denaro per i più bisognosi facendosi parte attiva di una sottoscrizione; ma, anche, di coordinamento di squadre di volontari per spalare il fango nelle fabbriche e ridurre i tempi della ripresa del lavoro. Cossato diventava il Centro più importante di raccordo e smistamento di aiuti e risorse umane attorno a cui si organizzarono, tra l'altro, oltre 2.000 studenti provenienti da tutta Italia con un forte afflusso da Torino e Milano. La Camera del lavoro si mosse sempre su due binari. Uno diretto alle emergenze che mano a mano si presentavano, l'altro sul piano politico e sindacale in termini di tutela sociale del territorio e delle maestranze.

La prima richiesta era quella di garantire la cassa integrazione, respingendo qualsiasi ipotesi di licenziamento e l'altra di impedire lo slittamento in basso delle aziende profittando dell'alluvione e delle provvidenze legate alla legge tessile per accelerare progetti di “pianurizzazione” ben presenti nelle strategie imprenditoriali. Lo scontro politico-sindacale avveniva anche attorno a questioni più immediate di potere contrattuale. Non mancavano le imprese che, con il concorso dell'Unione industriale, avanzavano pretese sugli straordinari, sul lavoro notturno femminile, sul lavoro domenicale e altri aspetti di tutela normativa accampando la condizione di emergenza e le commesse da evadere che coprivano a malapena l'intento di indebolire la forza contrattuale di lavoratori e sindacato. Tattiche e strategie del padronato che la Camera del lavoro, con le altre organizzazioni sindacali, riuscì a contrastare compresa la prospettiva di una generale discesa degli insediamenti tessili verso la strada “di gronda” e la pianura biellese.

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